La procedura prevede il posizionamento di uno stent che aumenta il flusso sanguigno e migliora la contrattilità del cuore

 

Al Sant’Anna una nuova arma contro l’angina pectoris refrattaria, quella che non si riesce a curare con i farmaci. Si tratta di un’innovativa procedura interventistica introdotta dall’Unità Operativa di Cardiologia-Laboratorio di Emodinamica, di cui è responsabile Mario Galli, che consiste nel posizionamento di uno stent – piccolo tubolare in acciaio a forma di clessidra – in un segmento del circolo venoso cardiaco detto “seno coronarico”.

Il mese scorso con questa metodica sono stati operati con successo due pazienti, due uomini di 72 e 73 anni, dimessi 48 ore dopo.  

A venticinque anni dall’inizio della propria attività, l’Unità di Cardiologia-Laboratorio di Emodinamica, all’avanguardia nel trattamento delle sindromi coronariche acute, e in modo particolare dell’infarto miocardico con un’attività H24, offre una nuova tecnica di trattamento del paziente con cardiopatia ischemica cronica, finalizzata a migliorarne significativamente la qualità della vita e a ridurre il tasso di re-ospedalizzazione.

 

La patologia

L’angina pectoris è una forma di cardiopatia ischemica che si manifesta con dolore al torace dovuto al cuore “affaticato” a causa di problemi delle arterie coronarie, che portano ossigeno al cuore. Alcuni pazienti, già sottoposti a intervento chirurgico o angioplastica alle arterie coronarie non trovano un miglioramento della situazione clinica, anche se assumono una terapia farmacologica completa, e continuano a presentare angina persino in caso di sforzi minimi o addirittura a riposo, con una marcata limitazione delle normali attività quotidiane.

 “Le due procedure – sottolinea il dottor Galli - sono state eseguite con successo tecnico e clinico. Gli interventi sono durati in media 45 minuti. Gli operatori medici hanno seguito un breve training sulla tecnica di impianto, che comunque è molto simile ad altre procedure di cardiologia interventistica da noi quotidianamente utilizzate.  I pazienti sono stati dimessi dopo 48 ore, mantenendo la terapia in corso al momento del ricovero con un programma di controlli ravvicinati per valutare l'efficacia clinica a medio e lungo termine e la possibilità di ridurre la terapia farmacologica. I primi controlli clinici effettuati hanno confermato l’efficacia della tecnica con un miglioramento dei sintomi”.

 

La tecnica

La procedura offre una nuova possibilità di trattamento dei pazienti con cardiopatia ischemica in cui, nonostante gli interventi di rivascolarizzazione miocardica chirurgica e percutanea abbiano migliorato la sopravvivenza e ridotto il rischio di infarto e scompenso, può persistere una sintomatologia anginosa anche con una terapia medica ottimizzata.

La procedura, eseguita in anestesia locale e sotto guida fluoroscopica, consiste nel posizionamento di uno stent in acciaio conformato a clessidra con lo scopo di creare  un restringimento del seno coronarico e migliorare così il flusso delle piccole arterie del cuore. Ciò permette di aumentare la contrattilità del muscolo cardiaco, soprattutto in corso di sforzo fisico, e ridurre i sintomi anginosi.  

 

La letteratura scientifica

La letteratura scientifica ha evidenziato negli ultimi anni dati sempre più solidi e consistenti sul beneficio clinico nell’impianto di dispositivi dedicati in seno coronarico.

Gli studi pubblicati coinvolgono centinaia di pazienti e documentano un successo procedurale superiore al 90% fino a sfiorare in alcune casistiche il 100% di successo.

In quasi l’80% dei pazienti è stato documentato un miglioramento della soglia anginosa con riduzione di classe secondo la classificazione della Canadian Society con possibilità di riduzione della terapia anti-ischemica. In una percentuale non trascurabile di casi si è assistito addirittura a completa risoluzione della sintomatologia anginosa con mantenimento del risultato a medio termine.

 

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